Nonostante le difficoltà sia nel campo della ricerca che in quello clinico, sulla definizione del comportamento di autoferimento, sulla sua manifestazione c'è un totale accordo; questo evidenzia la similarità nell'espressione del comportamento autolesionista nelle varie culture ed in livelli sociali differenti.

La caratteristica principale del comportamento di autoferimento è il costante pensiero di ferirsi che attraversa la mente dell'autolesionista, pensiero che diventa più forte nei momenti di forte stress.

L'autoferitore tenta a volte di resistere a questi pensieri, spesso non riuscendoci, ma c'è anche chi organizza dei veri e propri rituali attorno all'atto lesivo (come segnare la parte da ferire o preparare gli strumenti da utilizzare). Gli autoferitori in genere, prima dell'atto autolesivo riportano sentimenti di rabbia, delusione, tensione, depressione, solitudine e senso di vuoto incolmabile, ma anche senso di impotenza o di colpa, che fanno scattare una sorta di meccanismo che pare funga da regolatore di tali stati. Subito dopo l'atto autolesivo sperimentano un senso di sollievo temporaneo che dura fino al ciclo successivo, quando un'altra sensazione negativa lo farà ripartire, quasi fosse una dipendenza fisica.

Il ruolo che viene ad assumere il comportamento di autoferimento è di valvola di sfogo, dunque, una via di scarico che permette agli autoferitori di espellere via tutte quelle sensazioni negative che hanno in corpo, come se l'unico modo per far tacere le emozioni negative fosse farsi del male. Altre persone cominciano, invece, ad autoferirsi per via di sensazioni di estraneità, di alienazione dal proprio corpo, ed il dolore, il sangue che fuoriesce, e che scorre, sembrano servire a farle ritornare coscienti della realtà, a farle "diventare vive d'improvviso".

Spesso alla base di questi stati emotivi così negativi, di queste sensazioni di vuoto interiore e freddezza, ci sono situazioni di perdita, sia fisiche sia affettive, rifiuto (reale o percepito), abbandono, minacce di perdita, o trauma che suscitano un aumento di tali sensazioni, a cui si associa spesso l'incapacità di verbalizzare i sentimenti, esprimerli o comunicarli a qualcuno.

Esistono svariati metodi con cui gli autoferitori si procurano le ferite, i quali non si escludono a vicenda, ma comunemente alcuni tendono a farlo in un solo modo, quasi identificandosi con questo particolare comportamento, come quelli che in America si fanno chiamare CUTTERS (tagliatori) o BURNERS (bruciatori).

Dagli studi sull'argomento le modalità di autoferimento che vengono più spesso utilizzate sono queste :

  • Tagli od incisioni sulla pelle
  • Scavarsi o grattarsi ferite, interferendo con la guarigione
  • Colpirsi
  • Grattarsi fino a far uscire il sangue
  • Mordersi
  • Scavarsi la pelle fino a far uscire del sangue
  • Inserimento di oggetti nella pelle e sotto le unghie
  • Tatuarsi da soli
  • Bruciarsi la pelle
  • Strapparsi i capelli
  • Raschiarsi la pelle fino al sangue

Emerge anche come il comportamento più frequentemente utilzzato per autoferirsi sia il tagliarsi, seguito dal bruciarsi, il colpirsi, ed infine l'interferimento con la guarigione di ferite.

Per ciò che riguarda la sede delle lesioni, le parti più frequentemente prese di mira sono le braccia, le gambe, il torace, ed altre aree sulla parte frontale del corpo, probabilmente perchè sono le più facilmente accessibili.


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