L’autoferimento (traduzione del termine “self injury”) è definito come un’azione a bassa letalità che altera o danneggia il tessuto corporeo (tagli, bruciature, abrasioni), senza alcun intento suicida cosciente (Favazza, 1996).
Il metodo più utilizzato per ferirsi, generalmente, è tagliarsi o incidersi la pelle, attraverso oggetti taglienti come cutter, rasoi, forbici, coltelli, temperini e pezzi di vetro.
Ma c’è anche chi interferisce con la guarigione delle ferite (es. togliendo le croste), si brucia la pelle (tramite sigarette, oggetti arroventati e accendini) o si procura dei graffi. Le zone del corpo più frequentemente colpite sono le braccia, i polsi, le caviglie e la parte inferiore delle gambe. Altre aree più nascoste, possono essere l'addome, la parte interna delle cosce, i piedi, sotto le braccia ed i seni.
Tagli e segni solitamente vengono ben nascosti affinché il comportamento possa continuare senza interferenze, giudizi e critiche.
L’autoferimento non è un fenomeno nuovo, ma sembra essere in crescente aumento tra gli adolescenti, in particolare tra le ragazze.